Vulcano è la prima isola che si incontra partendo da Milazzo, da cui dista solo 12 miglia.
In prossimità del porto si è stupiti sia dalla bellezza del luogo sia dall’acre odore di zolfo che, limitatamente all'area circostante, impregna caratteristicamente l’aria. Il fenomeno è dovuto alle “fumarole”, esalazioni ad alta temperatura di vapore acqueo, zolfo ed anidride carbonica che si sprigionano dal cratere o da fessure nel terreno. Con Stromboli è l’unico vulcano ancora attivo ed il più giovane dell’arcipelago eoliano (90.000 anni).
Anticamente l’isola di Vulcano fu chiamata dai Greci Ther-messa, calda, poi Hierà, sacra ad Efesto. I Romani le diedero l’attuale nome di Vulcano: infatti essa fu sempre considerata sede del dio-fabbro e terribile fucina dei Ciclopi.
Dai tempi dei romani lo sfruttamento minerario continuò per secoli sino a divenire una vera e propria industria sotto i Borboni. Il Generale Nunziante costruì strade, case e fabbriche.
Caduti i Borboni, l’isola fu acquistata da un inglese, tale Stevenson, che continuò l’opera dei predecessori non solo ingrandendo la miniera ma anche piantando i primi vigneti al Piano. La sua villa, ancora oggi denominata il “Castello dell’Inglese”, si trova nel pianoro di Vulcano, accanto ai fanghi.
Nel 1888 si è avuta l’ultima eruzione che ha fatto saltare dal cratere il tappo, costituito dal materiale magmatico sedimentato ed ormai consolidato di un’eruzione precedente. L’inglese fuggì atterrito dalla caduta di grandi blocchi di materiale magmatico ancora fuso, “le bombe a crosta di pane”, che si raffreddavano a contatto con l’aria crepandosi.
I pochi abitanti rimasti, forse i coloni di Stevenson, si diedero all’agricoltura ed alla pastorizia al Piano, zona verde pianeggiante, o alla pesca nel piccolo borgo di Gelso.